marzo 6, 2020 News Nessun commento

L’e-waste, cioè gli scarti di device e strumenti elettronici, è il tipo di rifiuti più in aumento nel mondo, con danni per l’ambiente e per la salute delle persone.

Qualcosa si muove, ma il riciclaggio è ancora lontano.

Mentre i brand internazionali di dispositivi multimediali e sistemi operativi continuano a immettere nuovi prodotti e modelli sul mercato, nelle discariche del mondo aumenta il numero di rifiuti elettronici. Sebbene misure di riciclaggio siano presenti nella maggior parte dei paesi, la maggioranza dei nostri smartphone finisce nel cestino sbagliato, provocando rischi alla salute e all’ambiente.

L’e-waste (electronic waste) comprende tutti gli oggetti con una spina, un cavo elettrico o che funzionano con una batteria come lavatrici, schermi, console e cellulari. La rapida crescita del settore innovativo e la riduzione dei costi sia di manodopera che di materiali hanno aumentato notevolmente l’accesso ai prodotti elettronici e alla tecnologia digitale: è successo principalmente nel Nord del mondo, ma anche nei paesi in via di sviluppo. Ciò ha portato a un aumento dell’uso di dispositivi e apparecchiature elettroniche e al rinnovo costante di questi strumenti, con conseguenze indesiderate: l’aumento dei rifiuti elettronici ed elettrici è una di esse.

Le cifre dell’e-waste e la sua distribuzione nel mondo
I rifiuti elettronici sono oggi il flusso di rifiuti in crescita più rapida nel mondo, e si stima che entro il 2050 oltre 120 milioni di tonnellate di questi scarti verranno prodotte ogni anno. Ad oggi se ne producono circa 50 milioni: ciò equivale a poco più di 6 chilogrammi per ogni persona sul pianeta, includendo però anche persone che non hanno accesso né a beni primari, né dunque a prodotti elettronici. L’Europa e gli Stati Uniti da soli, infatti, contribuiscono a quasi la metà del totale dei rifiuti elettronici generati ogni anno. La Norvegia è il paese che produce più rifiuti elettronici pro capite – circa 28,5 chili l’anno. La seguono Islanda, Danimarca e Svezia, il che indica che gli standard di vita e il reddito disponibile in questi paesi inducono le persone ad aggiornare la loro tecnologia più frequentemente.

In Italia produciamo in media 18,9 chili di rifiuti per persona. Sebbene i numeri siano molto minori rispetto a quelli della Norvegia, il nostro paese raccoglie ed è in grado di riciclare correttamente solamente il 22% dei rifiuti, mentre lo stato nordico ha una media del 70%. Le statistiche del Global E-waste Monitor nel 2017 rivelano che delle circa 44,7 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici prodotte, ogni anno l’80% è smaltito in discariche, incenerito, scambiato illegalmente o trattato in modo non conforme agli standard.

L’obiettivo di riciclare e ridurre le emissioni
Per costruire i nostri prodotti elettronici sono necessari molti metalli preziosi come l’oro, alluminio, argento e bronzo, ma anche produrli ed estrarli ha una grande impatto ambientale. “Ogni computer ha circa 100 grammi di rame, ma per produrlo dobbiamo estrarre circa 40 chili di minerale di rame che equivale a 200 kg di CO2 immessa nell’area” spiega a Wired Karel Van Acker, professore di Economia circolare che si occupa di elaborazione e del riciclaggio dei metalli sostenibili nella facoltà di Ingegneria dell’università di Leuven in Belgio.

Il riciclo di oggetti elettronici è dunque importante per il risparmio di risorse primarie, per evitare un aumento dei prezzi a causa della scarsità di metalli preziosi, e allo stesso tempo di energia e di emissioni. Per produrre solo uno smartphone vengono emessi 35 chili di CO2 e nell’ultimo decennio oltre 10 miliardi di cellulari sono stati prodotti e venduti. Molti di questi metalli contenuti potrebbero essere recuperati, riciclati e usati come materie prime secondarie per nuovi beni, portando alla diminuzione del 50% delle emissioni di CO2 di questo settore: da 6,4 a 3,2 giga tonnellate. “La difficoltà è l’incredibile complessità di fare ciò, poiché un prodotto può essere composto da più di mille sostanze diverse”, ha continuato Van Acker, che sottolinea come molti paesi non abbiano le tecnologie necessarie, né la possibilità di dividere e riciclare correttamente questo tipo di rifiuti.

I danni ambientali e sociali
Al momento la più grande discarica a cielo aperto di e-waste si trova nel quartiere di Agbogbloshie nella capitale del Ghana, Accra, dove la maggior parte dei rifiuti arriva dai paesi europei.Il riciclaggio di elementi preziosi contenuti nei rifiuti elettronici, come il rame e l’oro, è diventato una fonte di reddito per i locali. Tuttavia, le tecniche di riciclaggio di base consiste nel bruciare le applicazioni – e quindi la plastica – che rivestono i prodotti elettronici, lasciando i metalli preziosi, portano i lavoratori ad essere esposti a molte sostanze tossiche. I rifiuti elettronici , soprattutto quelli di vecchia generazione, possono contenere sostanze tra cui mercurio, cadmio e piombo. L’esposizione prolungata alle sostanze chimiche emesse dai rifiuti elettronici può aumentare l’incidenza di una serie di complicazioni per la salute, tra cui danni e disturbi del sistema nervoso, dei reni, del cervello, del cuore, del fegato, dei polmoni, del sistema sanguigno e della pelle.Le donne e i bambini rappresentano fino al 30% della forza lavoro nel trattamento informale e grezzo dei rifiuti elettronici, e sono quindi particolarmente vulnerabili.

Eppur qualcosa si muove
In Medio Oriente, solo il 5% dei rifiuti elettronici viene riciclato, la maggior parte viene spedito in Cina, India e Sud-Est asiatico. Tuttavia, accorgendosi dell’enorme potenziale economico, molti nuovi centri di riciclaggio hanno iniziato a sorgere nell’area: uno di essi è The Recycling Hub di Dubai, che finora ha riciclato circa mezzo milione di articoli. Anche le aziende che producono beni di tipo elettronico stanno investendo su come riciclare i propri prodotti, così anche da avere già i minerali e materiali preziosi da utilizzare. La Apple, offrendo uno sconto sul prossimo acquisto, colleziona i computer e cellulari vecchi ed in disuso; Daisy, il sistema di riciclaggio dell’azienda di Cupertino, è ora in grado di smontare 15 diversi modelli di iPhone e nel 2018 la società ha riciclato oltre 7,8 milioni di dispositivi Apple e ha contribuito a deviare oltre 48mila tonnellate di rifiuti elettronici dalle discariche negli Stati Uniti.

Tuttavia, le sfide al riciclaggio si trovano anche altrove. Uno degli step necessari da esaminare è infatti proprio all’inizio del ciclo e processo di produzione: “Sarebbe importante considerare come anticipare il problema, ed il modo in cui vengono prodotti i dispositivi, tenendo in considerazione le esigenze di riciclaggio una volta che i prodotti sono stati progettati”, ci ha detto Van Acker. Allo stesso tempo il professore, con un’affermazione che potrebbe sembrare controversa si è domandato se il riciclaggio sia davvero l’opzione migliore: “Forse l’estensione della vita dei prodotti e un minore utilizzo dovrebbero essere considerati le priorità”, ha aggiunto.

Fonte www.wired.it

Scritto da Ecorottami